lunedì 5 maggio 2014

La meritocrazia secondo Toni Capuozzo

Quando il cognome conta più del talento, quando l'appartenenza politica (e non occorrono tessere di partito per "appartenere") conta più del curriculum, quando frequentare certi ambienti conta più dell'esperienza.
Alzi la mano chi non sorride amaramente quando qualcuno promette meritocrazia.
Libera Uscita ha incontrato alcuni personaggi che ci hanno parlato di merito premiato.


Toni Capuozzo : 
"C'è meritocrazia ... se c'è umiltà" 



Toni Capuozzo , giornalista, inviato Mediaset. «Nella mia storia professionale debbo tutto al merito. Quale merito? Quello di fare con passione il mio lavoro. Credo che ognuno di noi abbia un qualche talento. Occorre capire quale sia il proprio talento , e avere la fortuna di cogliere l'opportunità per esprimerlo. Il mio talento era quello di narratore di storie, di viaggiatore, di persona che ama  la scrittura. 

Non sognavo di fare il giornalista, e a dire la verità da giovane non avevo le idee chiare su cosa avrei voluto fare. Vengo da una famiglia modesta, sono cresciuto in provincia, ho fatto studi - sociologia - che non erano mirati a diventare giornalista (cambiare il mondo, questo era quello che volevo, e mi ero iscritto a Trento per andare dove c'era una facoltà ribelle, non per prepararmi a una professione). 

Credo che da lì in poi, anche grazie a quegli anni confusi che mi hanno però insegnato molte cose, abbia contato, con il merito, la fortuna, se non il caso. E certo, anche i contatti, le conoscenze, le persone che apprezzano il tuo lavoro e se ne ricordano. Naturalmente ho attraversato una lunga e povera gavetta, ho passato periodi di disoccupazione e per vivere ho fatto di tutto, dalla revisione dei libri di geografia alle guide gastronomiche, dai testi anonimi per Tuttocittà alla preparazione di itinerari turistici. 


Ho scritto per testate importanti, ma anche per periodici e fogli minori. Credo che al talento vada aggiunta la caparbietà e l'umiltà: ho imparato a fare televisione, non ho mai pensato di sentirmi arrivato, ho studiato e provato a migliorarmi sempre, e continuo a farlo. 


Alcune caratteristiche mi hanno sempre aiutato: saper viaggiare, non temere la fatica e il rischio, amare la gente comune. Forse altre caratteristiche mi hanno chiuso altre possibilità di carriera: non amo le ideologie, la politica, non frequento salotti o circoli esclusivi, non ho amicizie che contano. Ma volevo fare l'inviato, non il direttore. Volevo viaggiare, e ci sono riuscito. Credo, alla fine, per merito e basta. 

E certo, anche grazie a quelli che hanno creduto in me, che mi hanno dato un'opportunità. Porto un cognome che in televisione appariva, prima di me, solo in una pubblicità di Abatantuono sulla pizza, ma non sono mai stato troppo diffidente dei nomi importanti, nel giornalismo. Possono essere bravi colleghi o no, non dipende dal cognome che pure gli avrà facilitato le cose. 


Per quel che mi riguarda sono contento di essere figlio di brave persone qualunque, che mi hanno insegnato molto, e di aver fatto l'operaio in fonderia, il manovale edile, l'insegnante: ho imparato cose che gli esami da professionista non insegnano. Ho passato tanti esami nella vita, e credo che il merito abbia una buona parte nell'averli passati. Ma anche la fortuna, l'assenza di pigrizia, la curiosità sempre viva, e di nuovo la fortuna di aver vissuto anni in cui c'erano opportunità di mettersi alla prova».




3 commenti:

  1. Uno dei più bravi! e coraggiosi: qualche rischio se l'è proprio preso negli anni scorsi ...

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  2. grazie Tony, grazie di cuore per esistere ed essere esattamente come sei. un tuo fratello meno fortunato.

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  3. Complimenti bellissima storia. Seguo sempre il suo programa terra. E' un grande esempio per noi guovani!!! Ciro Miceli

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